mercoledì 23 settembre 2015

Reagire a Cosmos




18 Settembre 2015 (subito dopo la visione).
Dopo tanta attesa ho finalmente visto "Cosmos" del mio amato Zulawski. Ebbene, come raramente mi capita dopo una visione, mi sento completamente impossibilitato ad esprimere un parere, un opinione, un discorso intorno al film. Sospendo il giudizio, perché ho trovato "Cosmos" un'opera tanto affascinante quanto respingente, tanto abissale quanto, forse, chiusa. Voglio tornarci, devo tornarci.
Avrei bisogno di una seconda, terza, quarta visione, vorrei leggere il libro di Witold Gombrowicz per comprendere che tipo di operazione ha fatto Zulawski. Per ora rimangono delle immagini, alcune fortissime, altre "troppo" (non so che significhi questo troppo, ma è l'unica parola che mi tornava durante il film).
Rimane l'attrazione per il movimento estenuante dei personaggi, che mi rimanda a tutto il Zukawski pre-fidelitè, eppure, allo stesso tempo, mi dà la sensazione di un film che non assomiglia a nient'altro della sua produzione.
Mi prendo tempo, semplicemente, per capire se è un film da amare incondizionatamente oppure no (rimangono le suggestioni del doppio, l'idea che tutto il film veicoli il due: dai finali che offrono una doppia possibilità del reale ai titoli di coda che denudano il film, svelano l'altro reale, quello del cinema). Che sia dunque un'opera che supera i limiti del linguaggio, che accumula citazioni con l'ostentata volontà di scivolare verso un impasse? Che il film stesso sia quell'impasse con cui riesplorare tutto il proprio cinema, con cui ritrovare una doppia Adjani, altri occhi verdi, altre possessioni?
Penso. Anche io cado nell'impasse.



21 Settembre 2015
Probabilmente una delle cose che mi ha fatto innamorare, diversi anni fa, del cinema di Zulawski è la sua stessa visceralità. I corpi, gli spasmi, i tic, le tensioni nervose, l'intera coreografia di movimenti epilettici restituivano un senso di attrazione e repulsione, di morbosità, di amore profondo per la carne. Un cinema in continua detonazione pronto ad avvolgere tutti i sensi, a solleticare, innervosire, eccitare lo sguardo come pochi hanno saputo fare. Un cinema messianico, eccedente, apocalittico e fieramente, saldamente disgustoso. "Cosmos", il suo ultimo film dopo una pausa di quindici anni, è un oggetto filmico che mi ha attratto, respinto, lasciandomi interdetto e impossibilato a scriverne. Eppure oggi mi rendo conto di una cosa: c'è uno slittamento, un passaggio dal cuore nervoso dei suoi film precedente al cervello che muove le immagini. E' un'opera dove tutto il disgusto, tutto il plus vitalissimo delle immagini, viene rinchiuso all'interno di un progetto calcolato minuziosamente, di un gioco cerebrale prima che fisico, concettuale ancora prima che motorio. L'anormalità del corpo zulawskiano diviene qui standard, maniera, deriva, e il rischio di essere monocordi, intrappolati in un film-pensiero, è evidente inquadratura dopo inquadratura. Quella che mi è mancata insomma in "Cosmos" è la vera libertà di Zulawski, il suo stesso gesto cinematografico che è quello della vita prima ancora della morte, dell'azione prima ancora del pensiero. Continuerò a rifletterci e a tornarci, perché "Cosmos" ritorna sempre nei miei pensieri. Ma più rifletto più comprendo che lo Zulawski che ho tanto amato è un altro.

1 commento:

Ismaele ha detto...

l'ho guardato due volte, ma arrivo aille tue considerazioni.

intanto ha guardato due volte, fra poco la terza volta, "Sul Globo d’Argento (Na srebrnym globie", un film immenso!